
Motori di ricerca e business: se il servizio è gratis il prodotto sei tu…
NetMarkerShare è una società che fornisce statistiche sull’uso di tecnologie Internet. Le percentuali di utilizzo dei motori di ricerca su personal computer, nel 2018, erano Google 74 %, Baidu 13 %,
Bing 8 %, Yahoo 4 % e gli altri con percentuali inferiori al 2 %. Nel 2019 abbiamo Google 74 %, Bing 11 %, Baidu 10 %, Yahoo 3 % e gli altri con percentuali inferiori al 2 %. Per mobile e tablet le percentuali sono intorno al 90 % per Google.
Per usare un linguaggio sportivo, non c’è gara tra Google e gli altri.
Allora perché utilizzare i concorrenti e, come vedremo di seguito, in particolare a quelli con percentuali di utilizzo attualmente irrisorie?
Una caratteristica comune è che sono gratuiti. Però le società che gestiscono i motori sono altamente redditizie. Per esempio, secondo la rivista Forbes, Larry Page a Sergey Brin fondatori di Google, nel 2020 avevano un patrimonio di 75 miliardi di dollari ciascuno.
Da dove derivano le rendite di tali società per arrivare ai risultati citati?
Google, e gli altri più diffusi motori di ricerca, raccolgono e conservano una quantità incredibile di informazioni relative agli internauti, sulle ricerche effettuate, sui loro interessi, sui loro gusti, sulla loro posizione geografica.
Come esempio di questa strategia di ricerca di informazioni sugli utenti, ricordiamo che nel 2014 Google ha comprato WhatsApp per 19 miliardi di dollari.
Particolare importante: WhatsApp non produceva utili, però faceva transitare informazioni.
Ciò consente di personalizzare e rendere mirati gli annunci pubblicitari sul web, quindi di grande interesse per i responsabili aziendali di marketing: i messaggi compaiono sui PC di utenti che hanno manifestato interesse per il prodotto da promuovere. E la maggior parte dei guadagni di Google derivano dalla pubblicità.
Questo uso di informazioni personali nel marketing digitale ha fatto nascere l’espressione “se il servizio è gratis, il prodotto sei tu”, aggiornamento del titolo “Il pasto gratis non esiste” di un libro
di Milton Friedman, premio Nobel per l’economia.
In Europa è entrato in vigore il GDPR (General Data Protection Regulation) che stabilisce precise regole di riservatezza per i titolari del trattamento dei dati. Però ricorda Gaia Rubera, professore di
Marketing presso l’Università Bocconi di Milano, quando ciascuno di noi inizia ad usare, ad esempio, un’applicazione di una società come Google gli viene chiesto il consenso sull’uso dei dati
che verranno raccolti. Se il nulla osta viene concesso, spesso con distrazione dall’internauta, di fatto la società potrà usare i dati per realizzare il marketing targetizzato.
Esistono motori di ricerca che, pur cercando il profitto, non conservano informazioni sulle ricerche effettuate dagli utenti. Uno è DuckDuckGo, lanciato nel 2008 da una società con sede negli Stati Uniti.
Da Wikipedia apprendiamo che genera ricavi pubblicando annunci della rete Yahoo-Bing e attraverso rapporti di affiliazione con Amazon ed eBay.
Un altro motore interessante, specialmente per i cittadini dell’Unione Europea, è Qwant.
NetMarkerShare registra la sua percentuale di utilizzo nell’ordine 0,03 – 0,04 %, quindi deve essere ancora incentivato.
Sul sito di Qwant leggiamo:
Qwant, il motore di ricerca europeo che rispetta la tua privacy.
Creato e gestito in Europa, Qwant è il primo motore di ricerca che protegge la libertà dei suoi utenti e garantisce che l’ecosistema digitale rimanga sano. Le nostre parole chiave: privacy e neutralità.
Qwant fornisce i migliori risultati disponibili per le vostre ricerche e non cerca mai di individuare chi siate o che cosa facciate. Noi crediamo che quello che cercate sul Web sia una parte fondamentale della vostra privacy.
Pertanto Qwant non registra mai le vostre ricerche e non usa mai i vostri dati personali per pubblicità o altri scopi.
Qwant rispetta le leggi e culture europee, e contribuisce a sviluppare l’economia digitale di ciascuno dei paesi europei e dell’Unione Europea.
Ha sede in Francia, con la sede centrale a Parigi e team dislocati sul territorio.
Il servizio è stato avviato nel 2013. Una nuova versione è stata lanciata nell’aprile 2015.
E’ difficile verificare se il rispetto della privacy sia veramente osservato, però dopo una ricerca con Qwant non compaiono pubblicità non richieste, come invece accade con Google e gli altri motori.
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